Una figura femminile, personificazione della Temperanza, la virtù della pratica della moderazione, viene raffigurata nell’atto di travasare un liquido da un vaso all’altro.
La Temperanza è anche la quattordicesima carta degli arcani maggiori dei Tarocchi, un gioco di carte per cui si utilizzava un mazzo generalmente composto da settantotto carte, la cui origine risale alla metà del XV secolo nell’Italia settentrionale.
Secondo l’iconografia dei Tarocchi, la Temperanza versa il liquido da un’anfora all’altra per operare un’unione degli opposti, facendo sì che entrino in comunicazione fra di loro le energie, i fluidi. Grazie alla sua azione, le energie contrapposte diventano complementari, generando equilibrio e attenuando le passioni.
La Temperanza piega la mano che sostiene l’anfora di sinistra verso quella di destra con un gesto dolce.
Le due anfore sono rivolte una verso l’altra e collegate da questo passaggio di fluidi da un vaso all’altro, dall’alto al basso, nella direzione da sinistra a destra, ritenuta di buon augurio perché indica un “venire alla luce”.
I due vasi rappresentati nel dipinto, uno sorretto dalla Temperanza e l’altro adagiato a terra, appaiono simili tra di loro, forse realizzati in terracotta.
Presentano un piccolo piede e un ampio ventre decorato con una serie di baccellature, l’alto collo è messo in rilievo da una fascia orizzontale finemente lavorata e non sono presenti anse.
Tradizionalmente la Temperanza era raffigurata con due vasi, uno d’acqua e uno di vino: rimando al famoso miracolo di Gesù che a Cana trasformò l’acqua in vino.
Nel mondo cristiano, la Temperanza è citata per la prima volta da Tommaso d’Aquino (Roccasecca, 1225 – Fossanova, 7 marzo 1274) come virtù cardinale, insieme a Prudenza, Giustizia e Fortezza. Tali Virtù sono definite Cardinali in quanto devono essere considerate cardine della vita di un uomo che cerca di avvicinarsi a Dio.

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Particolare
tratto da

Bonifacio de’ Pitati, Giustizia e Temperanza, c. 1532

Sitografia

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