L’arcangelo Michele impugna uno spadone con fornimento costituito da una lunga impugnatura e da un pomo ovoidale dorato all’estremità, elsa diritta e munita di elementi di arresto alla base della lama.
Questa spada di grandi dimensioni, con lama a fili paralleli e punta, comparve nel secolo XV sui campi di battaglia, impugnata a due mani, per cui era previsto un adeguato spazio di presa.
La tipologia dello spadone a due mani raffigurato è caratterizzata da due braccetti, inclinati a 45 gradi, che dai bracci dell’elsa, scendono a congiungersi con il forte della lama allo scopo di proteggere una presa dell’arma eseguita sopravanzando l’indice della mano alla crociera (punto di giunzione tra lama ed elsa), così da avere un maggior controllo dell’arma stessa. Questa soluzione sembrerebbe trovarsi solo in alcuni spadoni prodotti e /o raffigurati nei primi decenni del cinquecento in ambito ferrarese.
Le fonti indicano come la lunghezza complessiva dello spadone arrivasse al naso o agli occhi e talvolta raggiungesse l’altezza del portatore, come nel caso qui raffigurato.
Nel corso del XVI secolo lo spadone diventa simbolo di potere e confluisce tipologicamente anche nelle armi da pompa e cerimonia.
La spada (o la lancia) è l’attributo dell’arcangelo Michele che guida gli angeli nella battaglia contro il demonio, mentre la bilancia si riferisce alla pesatura delle anime nel giorno del Giudizio.
Particolare
tratto da
Giovanni di Niccolò Luteri, detto Dosso Dossi, Madonna col bambino fra i Santi Giorgio e Michele Arcangelo, 1518-1519
Bibliografia
Carlo De Vita (a cura di), Armi bianche dal Medioevo all’Età moderna, Dizionari terminologici 3, Firenze 1983
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