Un grande e sontuoso vaso dipinto in azzurro e oro, visibile a destra della tela, è in realtà un orologio o clessidra ad acqua.
È uno strumento per la misurazione del tempo, in uso presso gli antichi, basato su un flusso costante di acqua in uscita da un contenitore.
Questo oggetto risulta essere molto importante nella scena, in quanto ad esso è indirizzato lo sguardo di una bella fanciulla in piedi: la personificazione della Pazienza.
La donna ha una caviglia incatenata ad una roccia e sembra essere in attesa che il lento stillicidio dell’acqua del vaso, gocciolante dalla bocca di un mascherone, corroda la catena liberandola, secondo un’iconografia elaborata da Giorgio Vasari (Arezzo, 30 luglio 1511 – Firenze, 27 giugno 1574) nel 1551-1552 per Bernardetto Minerbetti (Firenze, 1507 – Arezzo, 15 o 16 settembre 1574), vescovo di Arezzo.
In quegli stessi anni, Ercole II d’Este (Ferrara, 4 aprile 1508 – Ferrara, 3 ottobre 1559), committente del dipinto, fece di questa allegoria il suo emblema personale, simbolo del prudente atteggiamento diplomatico da lui perseguito.
L’oggetto qui riprodotto appare molto sontuoso e forse è ispirato ad un manufatto appartenuto agli Estensi. Nella parte inferiore del contenitore troviamo rappresentata una figura femminile con scudo, mentre in quella superiore vi è un mascherone con festoni. Sormonta il coperchio del vaso un’asta con un giogo, ad indicare i vincoli della vita quotidiana e una sfera armillare, modello della sfera celeste, che richiama non solo il moto dei pianeti e di conseguenza il passare dei giorni, ma simboleggia anche la sapienza e la saggezza.
Particolare
tratto da
Sebastiano Filippi detto Bastianino e Camillo Filippi, Allegoria della pazienza, c. 1553-1554
Recent Comments