Il cavallo con la sua bella forma anatomica, la sua grazia e la sua fierezza ha sempre trovato, fin dall’antichità, largo impiego nella rappresentazione pittorica. Raffigurato spesso a simboleggiare le passioni indomite, l’impulso istintivo proprio degli animali, la vitalità o la virilità, il cavallo compare anche in dipinti in cui assume il ruolo di messaggero divino e guida spirituale che accompagna cavalieri o dèi.
Fedele compagno dell’uomo, viene rappresentato spesso anche per sottolineare le virtù di eroi ed imperatori, come nelle statue equestri di epoca romana e rinascimentale, in cui la sua bellezza enfatizza la personalità di chi lo doma e lo cavalca.
I cavalli qui raffigurati sono quelli che trainano il carro di Apollo, che, mal guidato dall’inesperto Fetonte, viene fatto precipitare da Zeus. Infatti, secondo il mito narrato nelle Metamorfosi del poeta latino Ovidio (Sulmona, 43 a.C. – Tomi, 17 d.C.), Fetonte, figlio di Apollo, aveva ottenuto dal padre il permesso di guidare per un giorno il carro del sole ma, facendolo correre troppo vicino alla Terra, stava rischiando di bruciarla, causando così l’intervento del padre degli dei.
Particolare
tratto da
Jacopo Robusti detto Tintoretto, Caduta di Fetonte, 1541-1542
Bibliografia
J. Hall, voce Cavallo, in Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte, Milano 1983, pp. 95-96;
L. Impelluso, voce Cavallo, in La natura e i suoi simboli. Piante, fiori e animali, Milano 2003, pp. 257-60.
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