«ogni testimonianza storica del “Dante
visualizzato” è testimonianza di “un’idea
di Dante”: una tappa della storia della sua
fortuna nel tempo e nello spazio»
Lucia Battaglia Ricci, Dante per immagini, 2018

 

Il percorso virtuale propone alcune tappe di questa storia, che dalle pagine dei libri testimonia la ricezione e la lettura di Dante nei secoli, dai manoscritti miniati alle rielaborazioni digitali.
Il Dante Estense, liberamente sfogliabile nell’Estense Digital Library, rappresenta il punto di partenza del racconto per immagini, che si conclude con Visioni dantesche, il video realizzato con la partecipazione degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna.

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Informazioni generali

  • VIDEO – Visioni Dantesche. Un viaggio attraverso le illustrazioni della Divina Commedia. Appositamente realizzato con la partecipazione degli studenti dell’Accademia di Belle arti di Bologna
  • OPERE IN MOSTRA – Dante illustrato nei secoli. Testimonianze figurate nelle raccolte della Biblioteca Estense Universitaria
  • STORIA PER IMMAGINI – Figure infernali nel Dante Estense, di Grazia De Rubeis. Personaggi dell’Inferno dantesco nelle miniature del Dante Estense
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A cura di

Grazia de Rubeis

LE OPERE IN MOSTRA

APPROFONDIMENTO

Il Dante Estense (Ms. It. 474 = alfa.R.4.8)

Nella libreria dei marchesi d’Este, ubicata nella torre di Rigobello nel castello di Ferrara e attestata già all’epoca di Niccolò III d’Este (1383-1441) c’era sicuramente Dante. Negli antichi inventari quattrocenteschi è testimoniata la presenza di manoscritti danteschi, contenenti la Commedia o commenti alle cantiche. Purtroppo è nota la quasi impossibilità di riconoscere tra i codici elencati negli inventari quelli oggi conservati. I dati puramente inventariali di alcuni elenchi o le descrizioni dettagliatamente dedicate alle sole legature non permettono più alcuna individuazione. È così per i due codici nell’inventario del 1436: «Libro uno chiamado Danti, in membrana, cum aleve descoverte» e «Libro uno chiamado el scripto sovra el Purgatorio de Danti, in membrana, coverto de chore roso». Ma lo stesso vale per le descrizioni molto più ricche di particolari dell’inventario fatto compilare da Borso nel 1467; le voci, in quest’ultimo, riportano, oltre ad autore e titolo, formato e materia, scrittura e specchio della pagina, il numero delle carte che non corrisponde a quello di alcuno dei manoscritti ancora conservati.
Anche per il famoso Dante Estense è delusa la possibilità di riconoscere il codice tra i libri un tempo appartenuti ai marchesi di Ferrara, ma possiamo accontentarci della soddisfazione di aver finalmente individuato le armi della famiglia Superbi di Ferrara, che compaiono al centro del margine inferiore dei fogli iniziali di Inferno (f. 1r) e Purgatorio (f. 49r). Il manoscritto è identificabile per la prima volta nell’Inventario dei manoscritti redatto da Benedetto Bacchini, bibliotecario ducale estense dal 1697 al 1700; era stato, infatti, lasciato in dono a Francesco II Este da Alfonso Gioia, come risulta in una lettera del 5 ottobre 1687 e nell’Inventario redatto dopo l’accettazione da parte del duca, entrambi all’Archivio di Stato di Modena. Il timbro tondo rosso «Bibliotheque Nationale» ai ff. 1r e 139r è la traccia lasciata dalle spoliazioni napoleoniche: il manoscritto è naturalmente tra i preziosi volumi scelti e portati in Francia dal matematico francese Monge il giorno 11 ottobre 1796, recuperato poi dal bibliotecario Antonio Lombardi nel 1816, dopo essere stato restituito per errore alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. E naturalmente è tra i cimeli che Francesco V porta con sé a Vienna nel 1859. Il codice viene definitivamente riportato a Modena nel 1868, a seguito del Protocollo di Firenze, quando lo Stato Italiano negoziò un trattato con gli Este.
Ammirato già durante il suo viaggio in Italia da Bernard de Montfaucon (1655-1741), il volume, datato all’ultimo ventennio del secolo XIV o ai primi anni del Quattrocento, è interamente illustrato sul recto e sul verso di ogni carta. Chiara Ponchia, nel suo volume Frammenti dell’Aldilà. Miniature trecentesche della Divina Commedia (Padova, Il Poligrafo, 2015) lo considera l’esempio più alto dell’illustrazione libera, «un unicum […] per l’insolita scelta di collocare le miniature nel margine superiore del foglio invece che nel bas de page». Disegni acquarellati occupano, infatti, l’intero margine superiore di ogni foglio, senza bordi o cornici, in una sequenza quasi cinematografica e «in un fluire di luce e colore che pare scaturire direttamente dalle parole sotto riportate» nella colonna di testo.
Esaminiamo allora più da vicino i personaggi infernali, con la guida dello studio di Chiara Ponchia, che tante pagine ha dedicato al nostro manoscritto. Troveremo figure che ben si prestano a esemplificare la più o meno aderenza dei miniatori al testo dantesco, il ricorso, a scapito della fedeltà alla lettera poetica, a fonti diffuse e facilmente reperibili, l’utilizzo di un vocabolario visivo comprensibile al miniatore, al committente e al lettore del manoscritto e più vicino alla sensibilità e all’immaginario medievali.