Il catalogo generale scientifico delle proprie collezioni è forse l’impresa più ambiziosa che un museo possa realizzare in quanto istituto di ricerca.

Marcello Toffanello, Curatore delle Gallerie Estensi, responsabile del catalogo scientifico, ci conduce alla scoperta di questo strumento.

Che cos’è un catalogo scientifico?

Alle Gallerie Estensi stiamo lavorando alla realizzazione del catalogo generale scientifico delle collezioni. Si dice generale perché comprende tutte le opere possedute dal museo: sia quelle esposte che quelle conservate nei depositi; scientifico perché è scritto da esperti per altri studiosi e per il pubblico che voglia approfondire la conoscenza di un determinato oggetto o di una raccolta di oggetti. Costituisce dunque un punto di riferimento per gli studi futuri.

A cosa serve e perché è un lavoro necessario?

Il catalogo riassume le conoscenze che si hanno sulle opere del museo nel momento in cui esso viene pubblicato. Nel caso della Galleria Estense il primo e unico catalogo generale dei dipinti è stato stampato nel 1945. Da allora molti storici dell’arte hanno studiato queste opere scrivendo su di esse in articoli, cataloghi di mostre, monografie di artisti. Spesso i dipinti sono stati restaurati e hanno cambiato aspetto; in alcuni casi il ritrovamento di documenti d’archivio ha fornito nuove informazioni sulla loro storia. Per le altre tipologie di oggetti posseduti dalla Galleria (sculture, bronzetti, disegni, stampe, opere d’arte applicata, monete, medaglie ecc.) esistono solo cataloghi parziali.

 

“Il catalogo della Galleria Estense sarà il primo in Italia realizzato e reso disponibile in forma digitale utilizzando un software open source realizzato dal Getty. Questo strumento garantisce la permanenza sul web dei testi pubblicati e un’autorevolezza scientifica pari a quella dei libri stampati, unite ai vantaggi dei documenti digitali: facile reperibilità, accesso gratuito, possibilità di aggiungere molte immagini, ipertesti e molte altre funzioni. Potrà inoltre essere periodicamente aggiornato in modo semplice ed economico anche archiviando le schede precedenti.”

 

Come sarà fatto?

Si comincerà dai dipinti e dalle sculture del Trecento e del Quattrocento: un nucleo relativamente ristretto di una quarantina di oggetti, fra cui alcuni capolavori del museo, come la Madonna col Bambino di Barnaba da Modena, il Polittico degli Erri, il Sant’Antonio di Cosmè Tura e la Testa di vecchio di Guido Mazzoni, ma anche qualche opera meno nota e studiata, che costituisce un banco di prova ideale per impostare un lavoro di catalogazione scientifica.

Le schede riporteranno informazioni sui materiali, le tecniche d’esecuzione e lo stato di conservazione di ciascuna opera. Se noto, diranno se esse erano state realizzate per un luogo e per un committente ben precisi e se facevano parte di un insieme ora disperso. Saranno inoltre spiegati il significato delle immagini in esse raffigurate, discussi i problemi di attribuzione e datazione, raccontata la storia di chi le ha possedute e molto altro.

Chi ci sta lavorando?

Alcuni storici dell’arte specialisti di pittura e scultura del Rinascimento stanno studiando le opere e scrivendo i testi. Questo gruppo di curatori, coordinato dalla direzione delle Gallerie e coadiuvato da alcuni giovani ricercatori, è affiancato da una squadra di professionisti dell’editoria digitale che si occuperanno della revisione e della pubblicazione dei testi e dello sviluppo della piattaforma.

Come tutte le attività di un museo, si tratta di un lavoro collettivo e quotidiano, cui partecipano anche i restauratori e l’Ufficio fotografico delle Gallerie, che raccoglierà e fornirà le immagini.

Quali sono le fasi del lavoro?

Una prima fase ha coinciso con le attività svolte nell’ambito del Piano di conservazione programmata delle opere esposte in Galleria. Le osservazioni dei restauratori relative allo stato di conservazione e alla tecnica d’esecuzione delle opere saranno riportate nella scheda scientifica. Nello stesso tempo i curatori hanno avuto modo di trarre dall’osservazione diretta delle opere informazioni relative alla loro storia materiale (ad esempio, se sono integre o frammenti) e alla loro storia collezionistica (eventuale presenza di iscrizioni, vecchi cartellini inventariali o di mostre, timbri e sigilli).

Nel frattempo si sono raccolte e riesaminate le fonti bibliografiche e i documenti d’archivio relativi alle prime opere in esame. Il passo successivo è l’attività di studio vera e propria, che procede ponendo a confronto i risultati dell’osservazione diretta delle opere con la loro storia critica allo scopo di sottoporre a verifica interpretazioni antiche e recenti ed eventualmente di proporne di nuove.

Sono emerse delle novità?

Nonostante il lavoro sia appena agli inizi, si sono trovate nuove informazioni sulla storia collezionistica di alcune opere. Le indagini diagnostiche condotte presso i laboratori di restauro dell’OPD di Firenze hanno rilevato nel Sant’Antonio di Tura un disegno sottostante ancora più bello e definito di quello visibile nelle precedenti riflettografie. In seguito allo studio delle fonti letterarie, delle cronache contemporanee e al confronto con altre opere che raffigurano Eleonora d’Aragona, ci si è resi conto che nella tavola raffigurante Lucrezia, Bruto e Collatino la duchessa ha voluto farsi ritrarre nelle vesti della matrona romana simbolo di castità e forza d’animo.

Quando sarà terminato il catalogo?

Si tratta di un lungo lavoro, che richiederà anni, ma i cui risultati saranno progressivamente resi noti a partire dai prossimi mesi. È questo uno dei vantaggi resi possibili dalla pubblicazione del catalogo in forma digitale.