Fin dagli albori della civiltà le passioni umane hanno rappresentato un elemento d’indagine fondamentale per la filosofia, la medicina, così come la teoria dell’arte.

Per Galeno le passioni, a seconda dell’articolazione con gli umori presenti in diversa misura nel corpo umano (bile nera, bile gialla, flegma, sangue), si originano diversi temperamenti (collerico, flemmatico, sanguigno e melanconico). La semiotica clinica associa le passioni ad analoghe espressioni del volto: ad ogni passione corrisponde appunto un segno, un semeion che è la forma manifesta, visibile, di ciò che avviene nel corpo umano. Questo modello avrà un successo pressoché indiscusso per gran parte dei secoli successivi, fin quando la Rivoluzione Scientifica a cavallo tra i secoli XVII e XVIII non inizierà a metterlo in discussione.

Benché le passioni siano oggetto della letteratura artistica fin dall’antichità classica, il Rinascimento con Leon Battista Alberti e Leonardo darà il via a una lunga tradizione che culminerà nella Conference sur l’Expression Generale et Particuliere des Passions tenuta da Charles Le Brun nel 1668, pittore di storia ufficiale alla corte di Luigi XIV, presso l’Académie Royale de Peinture et de sculpture. Da quel momento l’espressione delle passioni diventa una dottrina elevata al rango di scienza, ausiliaria soprattutto alla pittura di storia. I ventitré volti di Le Brun, con le espressioni dei vari sentimenti, illustrarono la sua dissertazione ed ebbero un grande successo che costituì la base per l’affermarsi di una sorta di elementare grammatica delle passioni.

La conference di Le Brun segnerà l’evoluzione della pittura accademica, di storia in particolar modo, nell’Europa dell’Età Moderna, fin quando la lezione di Gustave Courbet non darà la possibilità a una nuova generazione di artisti di svincolarsi da quelle regole che per quasi duecento anni avevano rigidamente scandito e controllato la produzione artistica. L’Ottocento, secolo per antonomasia della modernità, è tuttavia segnato da un crescente interesse per lo studio delle passioni umane: con l’egemonia della società borghese, l’ascesa della massa e delle folle che destano tanto interesse in Baudelaire ed Edgar Allan Poe, è destato un redivivo interesse per lo studio dell’umanità nelle sue espressioni più diverse. L’Ottocento è parimenti il secolo del romanzo realista così come del melodramma, degli ultimi bagliori di spiritualismo cattolico così come delle nuove scoperte mediche che tramuteranno una vaga e generica consapevolezza delle passioni nella nascita della moderna psicanalisi.

La mostra prevede un itinerario volto alla comprensione dell’Ottocento e del passaggio di testimone alle soluzioni del primo Novecento all’interno della realtà modenese, soprattutto grazie alla presenza di Adeodato Malatesta ma anche da Antonio Peretti, dalla fine degli anni ‘30 poeta di corte e successivamente segretario dell’Accademia di Belle Arti.

Il primo capitolo del «racconto» per immagini della mostra, divisa in sette sezioni, si apre col temperamento sanguigno, coi suoi corpi eroici e collerici, a cominciare proprio dalle aggiornate soluzioni di Adeodato. Attraverso la sezione de «La cognizione del dolore», de «I corpi dolenti della fede», di una specifica sezione legata ai sospiri d’amore, di una particolare attenzione dedicata alla peculiarità degli «Affetti familiari»  e poi alla «pluralità dei sentimenti intorno a un sorriso» fino ad arrivare alla conclusione della rassegna incentrata, infine, su la malinconia e i misteri dell’anima, le varie opere sottolineano, in molteplici aspetti, il rapporto tra anima e corpo. La fisiognomica appare così disciplina fondamentale che pone una sorta di ponte con l’approccio ai sentimenti che diventerà oggetto della psicologia. Tra sollecitazioni fisiognomiche e romantiche, tra tensioni sentimentali e puriste, tra una diversa concezione di libertà ed eccitazioni patriottiche, si procede oltre il principio dell’imitazione accademica, oltre la severità e il rigore del Classicismo. Si aprono così per l’artista, per i nostri orizzonti modenesi, soluzioni che portano a riconsiderare il rapporto tra invenzione soggettiva e opera: progressivamente si avanza verso le estetiche della modernità.

Attraverso 62 opere di artisti di ambito modenese provenienti esclusivamente dalle raccolte delle Gallerie Estensi, del Museo Civico d’Arte di Modena e di Assicoop Modena&Ferrara, sarà possibile compiere un viaggio alla scoperta di un patrimonio sommerso, non sempre di facile accesso, ma che tuttavia rappresenta una testimonianza preziosa al fine di comprendere una pagina fondamentale della storia della cultura europea, e soprattutto della diffusione delle idee, delle estetiche e delle conoscenze attraverso l’Italia e il resto del Continente.

 

Gianfranco Ferlisi, funzionario storico dell’arte

Gianmarco Russo, tirocinante, Università di Bologna