Bianchi Ferrari Francesco (Modena, 1460 ca. – 1510), Pala delle tre croci (Crocifissione con i Santi Girolamo e Francesco), 1490-95, olio su tavola, cm 267 x 220
Una tumultuosa folla si agita, intorno ai tre crocifissi, nella grande pala detta «delle Tre Croci» del modenese Francesco Bianchi Ferrari (circa 1460-1510), dipinta, secondo Daniele Benati, nei primi anni Novanta del Quattrocento. Il modello di riferimento è la monumentale Crocifissione affrescata, pochi anni prima, da Francesco del Cossa e da Ercole de’ Roberti, sulle pareti della non più esistente Cappella Garganelli in San Pietro a Bologna.
Entrambe le croci laterali, in scorcio prospettico, si issano contro un cielo minaccioso. A sinistra del riguardante un gruppo di giudei, ciascuno caratterizzato e atteggiato in pose diverse, inveisce sotto la croce del «buon ladrone». La croce con il Cristo crocifisso assume particolare risalto, collocata al centro della scena in modo da dividerla, come su un asse. Longino (in cui si suole riconoscere l’effigie di Galeotto I Pico della Mirandola, signore, appunto, di Mirandola), rappresentato a cavallo accanto alla croce, incrocia le proprie braccia sul petto: un segno di pentimento dopo il colpo di lancia e la guarigione miracolosa dei suoi occhi grazie al sangue della ferita di Cristo. La Madonna, con lo sguardo rivolto al figlio, è colta in un atto di mancamento, sorretta dalle pie donne. La figura isolata di Giovanni, rivolto pateticamente verso il riguardante, invita lo spettatore a porsi nel suo medesimo stato d’animo e a cogliere il dramma della morte del messia, mentre la pietosa Maddalena, nei dettagli complementari di postura e volto, presenta gli stessi modelli di pathos che discendono dalla lezione di Donatello. A sinistra, su una sorta di zolla erbosa, quasi isolato dal resto della scena, compare San Girolamo, che, inginocchiato e penitente, si batte il petto con un sasso. Gli fa da pendant, sull’altro lato della tavola, san Francesco con le stimmate, uno dei santi patroni di Mirandola, che rinvia alla chiesa di San Francesco in Mirandola, da cui proviene la pala in argomento. La sua fisionomia, così ben delineata da costituire un vero ritratto, potrebbe rimandare a Giovanni Francesco II Pico (il primogenito di Galeotto I). La scena dei soldati abbrutiti e caricaturizzati, quasi bestiali, scompostamente accapigliati a giocarsi la veste di Cristo, si accompagna all’irrompere del condottiero a cavallo, in armatura brunita e col bastone del comando (Ludovico I Pico, condottiero di fama riconosciuta e futuro principe di Mirandola), annunciato dagli araldi e dallo sventolio del gonfalone color porpora con le iniziali SPQR. Sul Golgota sono dunque presenti nella tavola tutti gli attori possibili: i protagonisti del sacrificio del messia, della famiglia Pico e tutta la ressa degli ipotetici astanti.
Al di là del carattere cortigiano, ben rilevato da Daniele Benati, e della resa descrittiva, emerge qui la ricchezza dei molti riferimenti quattrocenteschi, a partire dalla Crocifissione del Mantegna, che costituiva il pannello centrale della predella della Pala di San Zeno. Manca, ovviamente, l’attentissimo studio dell’antico che aveva caratterizzato il pittore umanista padovano, come si rileva dalla Gerusalemme arroccata in lontananza, sullo sfondo, ben lontana da qualsiasi ricostruzione archeologica. Si riscontra però nel dipinto una cura quasi maniacale dei particolari. Dietro la scena principale, sale, a lento giro, tra tornanti scavati nella roccia e scoscesi pendii, una strada, percorsa e animata da persone, a piedi e a cavallo, ritratte fin nei dettagli lenticolari, tutte osservate nel loro graduale avanzare: anch’essi attori del gran teatro del sacrificio del Redentore.
Gianfranco Ferlisi
Scopri di più sull’opera, guarda le nostre stories su instagram
Francesco Bianchi Ferrari, Pala delle Tre Croci (Crocifissione con i Santi Girolamo e Francesco)
1490-95, olio su tavola – Modena, Galleria Estense
Recent Comments