La piccola tavola di Ercole de’ Roberti raffigurante San Petronio ha lasciato la Pinacoteca Nazionale di Palazzo dei Diamanti a Ferrara per raggiungere Palazzo Fava a Bologna, dove sarà esposta fino al 28 giugno nella mostra La riscoperta di un capolavoro, dedicata alla ricomposizione del Polittico Griffoni, uno dei vertici dell’arte rinascimentale nel Nord Italia.

La mostra è momentaneamente sospesa per l’emergenza COVID19. Nell’attesa di poterla vedere noi vi raccontiamo qualche dettaglio.

Il prezioso dipinto è giunto in Pinacoteca nel 1975, donato dall’avvocato Mario Baldi assieme alle opere migliori della collezione raccolta dal suo avo Enea Vendeghini alla fine dell’Ottocento,assicurandone così il possesso a un museo pubblico dopo una serie di passaggi di proprietà privata. In origine la formella era parte delle immagini di santi che decoravano la struttura lignea dell’imponente polittico fatto realizzare fra il 1470 e il 1473 da Floriano Griffoni per la cappella di famiglia nella chiesa di San Petronio a Bologna. La figura del vescovo patrono, raffigurato nell’atto di benedire e reggere saldamente la città – ben riconoscibile dalle due torri svettanti sulla cerchia delle mura – non poteva infatti mancare in un altare di tale importanza destinato alla basilica intitolata al santo.

Fu probabilmente il committente a volere che l’ancona prendesse la forma tradizionale di un grande polittico su più ordini, affidandone la realizzazione della splendida cornice gotico fiammeggiante all’intagliatore cremonese Agostino de’ Marchi e l’esecuzione pittorica al ferrarese Francesco del Cossa, appena rientrato a Bologna dalla città natale dopo aver affrescato un’intera parete del salone dei Mesi in Palazzo Schifanoia. A Cossa si devono infatti le sei tavole principali del complesso, fra cui l’ancona centrale dedicata a San Vincenzo Ferrer , mentre al più giovane concittadino Ercole de’ Roberti fu affidato il compito di completare l’opera dipingendo la predella con storie del predicatore domenicano  e le figure dei santi che ornavano la struttura lignea.

Il polittico rimase sull’altare per cui era stato realizzato fino al 1725, quando l’ambizioso cardinale Pompeo Aldrovandi, divenuto proprietario della cappella, ritenne che il dipinto quattrocentesco mal si accordasse con la nuova decorazione tardobarocca dell’ambiente e diede ordine di smembrarlo. Ridotta a legna da ardere la preziosa carpenteria gotica, le singole tavole, incorniciate “alla moderna” come quadri di una galleria, furono portate nella villa dell’Aldrovandi a Mirabello, nei pressi di Ferrara. Cominciava in tal modo la storia di una dispersione durata oltre due secoli, che avrebbe portato i frammenti del polittico in nove diversi musei fra Italia, Europa e America .

Nella prima metà dell’Ottocento il nostro San Petronio sarebbe giunto in collezione Barbi Cinti a Ferrara, dove si trovava assieme ai due grandi scomparti laterali del polittico dipinti dal Cossa, raffiguranti San Pietro e San Giovanni Battista, in seguito venduti con grande scandalo alla Pinacoteca di Brera a Milano. La moderna storia critica del dipinto comincia con il suo ingresso attorno al 1880-85 nella collezione Vendeghini Baldi, dove viene visto e riconosciuto da Adolfo Venturi come opera di Ercole de’ Roberti. In seguito il San Petronio avrebbe attirato l’attenzione di Roberto Longhi, che l’avrebbe incluso nella proposta di ricostruzione del Polittico Griffoni, pubblicata nel 1934 nel suo fondamentale studio sull’Officina ferrarese.

La mostra in Palazzo Fava a Bologna è organizzata dalla fondazione Genus Bononiae e curata da Mauro Natale con la collaborazione di Cecilia Cavalca.

 

Marcello Toffanello

San Petronio di Ercole de’ Roberti