rilievo marmoreo con il dio Aion / Phanes, prima metà del II secolo d.C.
Entrando nella Galleria Estense di Modena, la prima sala che si percorre è quella dedicata alle arti antiche e fra le opere esposte non si può non notare un rilievo marmoreo, straordinariamente integro, unico nel suo genere.
Si tratta del cosiddetto “Rilievo con il dio Aion / Phanes”. Scopriamolo più da vicino.
La lastra in marmo bianco venato misura circa 70 x 50 cm e, sebbene di modeste dimensioni, racchiude in sé molteplici riferimenti a miti e simboli non sempre facili da individuare.
Sappiamo poco o nulla dei circa mille e settecento anni che ci separano dalla sua creazione fino alla “ri-scoperta” avvenuta in un corridoio della Regia Galleria Palatina di Modena nel 1862.
Possiamo, però, formulare alcune ipotesi: acquistato dal duca Francesco III alla fine del ‘700, si tratterebbe di una lastra votiva, risalente alla prima metà del II secolo d.C., che si trovava appesa ad una parete di un mitreo. I mitrei erano luoghi di culto per lo più sotterranei, avvolti da un’aura di mistero, che caratterizza ancora oggi non solo questi piccoli santuari diffusisi in tutto il territorio dell’impero romano, ma anche gli stessi riti esoterici e segreti, riservati ai soli uomini, che avvenivano al loro interno. Uno fra i mitrei meglio conservati a Roma è quello, ad esempio, di Palazzo Barberini, scoperto negli anni ’30 a seguito di lavori edilizi. Altri ben conservati sono quelli identificati al di sotto di alcune chiese della capitale (ad esempio Santa Prisca e San Clemente), costruite su questi antichi luoghi pagani proprio per “cancellarne” il culto che, ricordiamo, venne proibito dai decreti Teodosiani del 391.
particolare dell’iscrizione situata nella parte inferiore della lastra
Un indizio sulla destinazione del rilievo ci viene fornito dall’iscrizione incisa nella parte inferiore.
Ci parla di un certo “Felix”, che viene definito “pater”, ovvero il settimo livello, il più alto, del corpo sacerdotale mitriaco. Il sacerdote Felix lo avrebbe dedicato personalmente offrendolo in dono a un mitreo e lo possiamo dedurre dalle due lettere P, stanti per “P(ECUNIA) P(OSUIT)” (letteralmente “pose denaro”). Non è, invece, chiaro il ruolo di Euphrosyne, una donna il cui nome è inciso a lato della gamba destra del dio e che è stato in parte cancellato.
Ma guardiamo ora più da vicino cosa raffigura l’opera.
Il rilievo rappresenta una divinità alata, circondata dallo Zodiaco, che riprende le figure sia del dio Phanes (divinità della religione orfica, un culto che si sviluppa in Grecia verso il VI sec. a.C. legato alla figura di Orfeo), che del dio Aion (connesso, invece, al mitraismo, movimento religioso diffusosi nell’area del Mediterraneo orientale intorno al II-I sec. a.C.).
La simbologia è complessa e l’iconografia è peculiare, poiché frutto di un sincretismo religioso, ovvero di una fusione di elementi appartenenti in questo caso a dottrine diverse: Mitraismo e Orfismo, due culti misterici che si diffusero a Roma dall’Oriente grazie alla popolarità raggiunta fra i soldati romani.
La giovane divinità maschile dai piedi caprini, posizionata al centro della scena, sembra uscire da due metà di un guscio d’uovo, il cosiddetto “uovo cosmico”: questa sarebbe la prima manifestazione della nascita del primo essere, avvenuta “il primo giorno del mondo”, come lo ha ben definito Mino Gabriele nel suo libro omonimo. La lastra votiva, dunque, rappresenterebbe una cosmogonia, la nascita del cosmo e di tutte le cose che hanno avuto origine con la creazione dell’universo. Dalla rottura, dal sacrificio dell’uovo cosmico, erompe fra le fiamme la forza che creerà il mondo. Le stesse fiamme, come raggi luminosi, circondano anche la testa del giovane dio.
La divinità è circondata dalla fascia ellittica dello Zodiaco, che riporta i segni zodiacali in senso antiorario, ricalcando quello che è, infatti, il moto apparente in cui le costellazioni celesti incontrano il sole.
Phanes impugna tra le mani, quali simboli di potere, la folgore e lo scettro, di forma allungata, quasi fosse un asse portante del cosmo, ed è dotato di grandi ali che, secondo la tradizione, erano dorate.
particolare del busto della divinità alata
Se osserviamo da vicino il busto, vediamo spuntare tre teste animali: un leone al centro, con ai lati rispettivamente un ariete e un capro. Forse un richiamo al sole (il leone), all’equinozio di primavera (l’ariete) e al solstizio invernale (il capricorno).
Grande importanza simbolica ha, poi, il serpente che con le sue spire avvolge tutto il corpo del dio. Eccoci davanti al riferimento ad Aion, divinità associata al tempo. Il serpente è simbolo della ciclicità del tempo, della vita che si rigenera ogni anno. Non solo, le sue spire ricordano anche il percorso sinuoso del sole all’interno dello zodiaco.
Ai quattro angoli della lastra troviamo, infine, i volti dei quattro venti principali, identificati dagli studiosi, procedendo in senso orario, rispettivamente con Euro, Noto, Zefiro e Borea.
Maria Chiara Montecchi
Scheda dell’opera: http//www.gallerie-estensi.beniculturali.it/collezioni-digitali/id/39837
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