Il blog delle meraviglie
a cura di Simone Sirocchi
Il cielo mare in una stanza
Un freddo improvviso (ci mancava) ha nuovamente abbracciato le colline e i caminetti sono tornati a fumare. La nebbia porta con sé un intenso profumo di legna, che invita a rituffarsi nel passato. Erano trascorsi pochi mesi e la nostra galleria, ancora fresca di intonaco e scintillante nei suoi nuovi arredi, si preparava ad accogliere un pezzo straordinario. Si tratta di un vassoio, ancora conservato presso la Galleria Estense. Ma non un vassoio qualunque: è un piatto «da parata», da esposizione, un po’ come i tanti servizi “buoni” che le nostre nonne, così come le nostre mamme non estrarrebbero mai dalle loro credenze. E’ rivestito all’esterno da lamine di corno di cervo e la parte frontale (la vasca, per intenderci) presenta una ricchissima ornamentazione in avorio, al centro e lungo il bordo. Ma non è finita qui. Rispetto ai tanti piatti in circolazione sul mercato del tempo, quello estense si distingue per la ricchezza materica: lo ricoprono ben sessantaquattro placchette in madreperla tenute insieme – come se non bastasse – da inserti in oro. Un altro fattore distintivo è rappresentato dalle scelte iconografiche, che si discostano dal consueto tema della caccia o dai ricorrenti soggetti mitologici per lasciare spazio a un tema marittimo, senz’altro dettato anche dal materiale impiegato, la madreperla appunto, che se si guarda bene pare proprio ricordare le squame di un pesce. Al centro, entro una raffinatissima cornice ovale, si ritrova una divinità marina su un carro trainato da due tritoni, affiancata da due putti, uno con in mano un rametto di corallo e il secondo una tartaruga (e allora che mare sia!). Si tratta di Galatea, rappresentata secondo i canoni del tempo: una giovane donna dalla pelle bianchissima, con le chiome sparse, rilucenti, quasi fili d’argento, vestita di un velo candido come il latte, in parte avvolto attorno al corpo e in parte spiegato all’aria. Ed è proprio il suo candore a farne senza dubbio un soggetto particolarmente adatto alla scultura eburnea. Galatea, infatti, è dea del mare e al contempo della bianchezza. Le placchette, tanto quelle in madreperla che le sei in avorio disposte sul bordo, rappresentano divinità marine (nereidi alate e tritoni) e scene di battaglia tra putti e mostri marini. L’allusione generale pare essere al tema della cattura: la raccolta delle perle (con cui si stanno formando alcune collane), la pesca delle serpi di mare, virtuosisticamente ingabbiate in una rete, e quella di un gambero (o astice), che giganteggia in un’altra scenetta. Nelle lastrine in madreperla, tra navi, cavalli marini, putti e tritoni, si ritrovano poi una tartaruga e animali marini fantastici. Il richiamo è alle tante specie marine conservate nelle gallerie delle meraviglie del tempo e quella estense contava numerose lumache di mare, pesci, code e bocche di animali marini stravaganti. Ma chi lo ha realizzato? Il nostro piatto era stato finora prudentemente ricondotto al tirolese Ignaz Elhafen (1658-1715), celebre scultore in avorio. La sensazionale qualità esecutiva spinge a ricondurne la fabbricazione all’interno di qualche bottega tedesca (specializzate da tempo nella difficile lavorazione dell’avorio). Spulciando tra i cataloghi mi sono poi imbattuto in un bacile identico a quello estense e conservato al Museo Civico Medievale di Bologna. Realizzato sempre in avorio e corno di cervo, presenta scene marine perfettamente sovrapponibili a quelle del nostro piatto: l’autore è Johann Michael Maucher (1645-1701), artista attivo tra Augusta, Dresda e Würzburg. Se ne deduce che l’invenzione iconografica, riproposta in più esemplari eseguiti nel suo atelier, abbia incontrato un discreto successo commerciale. Il vassoio estense doveva essere accompagnato da una brocca (ancora presente nelle collezioni bolognesi), come documenta un inventario settecentesco, che li descrive come «un bacile con bassi rilievi d’avorio e madreperla con sua brocca», ma si aggiungeva che entrambi erano ormai «scomposti». Dulcis in fundo, le carte permettono ora di certificarne l’acquisto nel 1676: il 1 agosto di quell’anno il nostro immancabile don Giovanni Donzi li aveva acquistati per il duca, strappandoli a un mercante (non a caso) tedesco per il prezzo di trenta doble.
E ora dalla finestra, in questo mare di nebbia e volute di fumo, mi pare proprio di vedere un veliero. Ah! … Sono pirati! Commodoro, tutto a babordo!!! (ho sempre sognato dirlo).
Johann Michael Maucher, Bacile con Trionfo di Galatea e raffigurazioni marine, 1670-1676, avorio elefantino, madreperla da ostrica perlifera, legno, corvo di cervo, Modena, Galleria Estense
Retro
Johann Michael Maucher, Bacile con Trionfo di Galatea e raffigurazioni marine, 1672, avorio, corno di cervo e metallo, Bologna, Museo Civico Medievale
Johann Michael Maucher, Acquamanile, 1672, avorio, corno di cervo e metallo, Bologna, Museo Civico Medievale
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