Giovan Francesco Barbieri, noto come Guercino, è stato uno dei maggiori esponenti della pittura barocca emiliana. Nato a Cento nel 1591, si è formato come autodidatta nell’alveo delle esperienze dei Carracci, fondatori a Bologna dell’Accademia del Disegno e fautori di un rinnovamento artistico incentrato sullo studio del vero. Entrato nella bottega del tardo manierista centese Benedetto Gennari Senior, già a partire dal 1613 Guercino è impegnato in commissioni di rilevante importanza, procurate in buona parte dal canonico Antonio Mirandola, suo primo mecenate. In breve tempo la sua abilità gli valse l’ammirazione di Ludovico Carracci, dichiarata da quest’ultimo in una lettera a Ferrante Carli del 25 ottobre 1617, in cui il centese viene definito “gran disegnatore e felicissimo coloritore”. Lo stile giovanile del Barbieri, improntato ad un naturalismo dalla vivace vena popolare, si arricchiva della lezione carraccesca e di quella dei ferraresi Scarsellino e Carlo Bononi, sviluppando inoltre una ‘pittura di tocco’ di ascendenza veneta.
Guercino dipinse Et in Arcadia ego probabilmente a ridosso del viaggio a Venezia con padre Pietro Pederzani nel 1618. In laguna la pittura di soggetto pastorale in chiave allegorica proposta da Giorgione, Tiziano, Giulio e Domenico Campagnola, era molto apprezzata.
Il dipinto raffigura l’incontro perturbante tra due giovani pastori e la Morte effigiata come un teschio, davanti a un livido tramonto dall’aria temporalesca, tipicamente ferrarese. Alcuni dettagli rafforzano l’atmosfera cupa della scena: la civetta nascosta tra i rami è un tradizionale motivo funerario e notturno; un moscone ed il topo presso il cranio ne sottolineano il decadimento ancora in corso; il bruco, futura farfalla, evoca il concetto della trasformazione e dello scorrere del tempo. I pastori in abiti seicenteschi osservano il teschio, uno con espressione sorpresa, l’altro con aria assorta e malinconica. Prendono coscienza che anche nel loro mondo mitico, l’Arcadia, esiste la Morte.
Guercino, Apollo e Marsia, 1618 olio su tela (185 x 200 cm) Firenze, Galleria di Palazzo Pitti
Le figure dei pastori coincidono per l’aspetto e le dimensioni a quelli presenti nell’Apollo e Marsia, realizzato da Guercino per Cosimo II granduca di Toscana nel 1618. Secondo Denis Mahon il pittore avrebbe trasformato uno studio preparatorio in un’opera indipendente, aggiungendo in un secondo tempo il teschio e da ultima la scritta, come dimostrano le radiografie dell’opera. Una possibile fonte d’ispirazione potrebbero essere state le opere allegoriche del mantovano Domenico Fetti, presenti sul mercato artistico lagunare. Un’altra ipotesi è che Guercino abbia impiegato le stesse figure in due quadri diversi, pratica che il centese ha utilizzato in altri casi, ad esempio la Sibilla replicata quasi identica alla fanciulla nel S. Sebastiano curato da Irene del 1619, entrambi nella Pinacoteca Nazionale di Bologna; analogamente esiste una doppia versione di S. Girolamo, una in collezione Patrizi Montoro, l’altra nelle Gallerie Nazionali d’Arte Antica Barberini Corsini a Roma.
Guercino, Disegno preparatorio per Apollo e Marsia, 1618, inchiostro acquerellato
(19,4 x 25,7 cm) Milano, Biblioteca Ambrosiana
L’Arcadia è una regione montuosa nel cuore del Peloponneso, trasfigurata da Virgilio, nelle Bucoliche (42-39 a.C.), in un mondo ideale, remoto e genuino, dove i pastori, i satiri e i poeti vivano di musica sotto la protezione del dio Pan, estranei alla brutalità della storia e alle fatiche del genere umano. Il mito dell’Arcadia si era rinnovato nell’omonimo componimento di Jacopo Sannazaro (pubblicato a Napoli nel 1504), nell’Aminta di Torquato Tasso (rappresentata a Ferrara nel 1573), nel Pastor Fido del ferrarese Giovan Battista Guarini (Venezia 1590). Mentre nell’Aminta e nel Pastor fido prevale la tematica amorosa, Sannazaro ripercorre le orme di Virgilio e di Teocrito, introducendo in Arcadia la morte: come il pastore classico Dafni moriva per amore, il protagonista Sincero piange la donna amata morta prematuramente.
I riferimenti letterari della frase “Et in Arcadia Ego” sono stati esaminati da Panofsky, che ha focalizzato il senso del motto, da intendersi “Io sono anche in Arcadia”. Scritto in lettere capitali romane, si rivolge a noi spettatori, ancor più che ai pastori: è un memento mori, un invito a ricordare la brevità della vita e a praticare i valori spirituali.
Non mancano gemme e cammei antichi in cui si associano figure di pastori all’elemento del teschio, certamente noti durante il Rinascimento. Tuttavia le fonti iconografiche a cui Guercino poteva attingere sono molteplici: secondo Bernstock una fonte plausibile sarebbe il San Francesco che adora il crocifisso di Annibale Carracci, databile al 1587 circa (Venezia, Gallerie dell’Accademia), in cui proprio sotto al teschio compariva un’iscrizione purtroppo ormai attualmente illeggibile.
Resta tuttora ignoto il committente e primo proprietario dell’opera di Guercino. Dal 1644 negli inventari della collezione Barberini, Et in Arcadia Ego è stato erroneamente attribuito ad Annibale Carracci, ad Alessandro Tiarini, a Bartolomeo Schedoni, finché Voss nel 1911 non lo restituì alla mano di Guercino. Questo non è l’unico quadro del Barbieri ad affrontare il tema della Vanitas, infatti sono noti una Natura morta con teschio proveniente dalla chiesa della SS. Trinità dei Cappuccini di Cento, databile al 1618-1620, e un Putto con teschio, specchio e civetta, probabile opera di bottega, nella Galleria dell’Accademia Tadini di Lovere, recante anch’esso un motto, “Nec horret nec timet”. Per quanto riguarda l’argomento pastorale, Guercino vi tornò dipingendo per il duca di Mantova nel 1619 Erminia tra i pastori, ora al museo di Birmingham.
Nel 1621 il pittore venne invitato a Roma a seguito dell’elezione al soglio pontificio del bolognese Alessandro Ludovisi, con il nome di Gregorio XV, per il quale aveva già eseguito quattro tele di soggetto sacro nel 1617. Questa esperienza non solo ha permesso al centese di contribuire all’elaborazione del Barocco romano, soprattutto con gli affreschi nel Casino Ludovisi, ma ha lasciato un segno profondo nella sua produzione, stimolato dal confronto con Caravaggio, Domenichino e Guido Reni.
Dopo il trasferimento a Bologna nel 1642, il Barbieri sviluppò uno stile contraddistinto da un classicismo devozionale, dal cromatismo raffinato e dalle composizioni semplificate. “Quando egli disloggiò da Cento, e si stabilì in Bologna era di costumi rozzissimo, indiscreto, ed incivile più atto a commettere mancamenti, che atti di civiltà; ma col praticare l’usanza cittadina guadagnò un modo piuttosto disinvolto, e cortese, e si rendeva meno abominevole […] Poco di casa usciva, non avendo altro diletto che dipingere, e stare nella sua solitudine” (Giovanni Battista Passeri, Vite de’ pittori, scultori ed architetti che anno lavorato in Roma…, Roma 1772, pp. 381-382).
Mentre Nicolas Poussin ed altri pittori europei raccoglievano l’eredità iconografica del misterioso quadro del Guercino, le fortune dell’Arcadia erano appena iniziate, perché dall’Accademia letteraria voluta dalla regina Cristina di Svezia, nel 1690 a Roma nacque appunto l’Accademia dell’Arcadia, che ebbe una delle sue colonie anche a Ferrara.
Lucia Bonazzi
Bibliografia
Erwin Panofsky, «Et in Arcadia ego»: Poussin e la tradizione elegiaca, in Il significato nelle arti visive, Torino 2010 [ed. or. 1951], pp. 277-302
Frances Vivian, Guercino seen from the Archivio Barberini, «The Burlington Magazine», 113, 1971, pp. 22-29
Marylin Aronberg Lavin, Seventeenth-century Barberini documents and inventories of art, New York 1975
Alain Tapié, Giovan Francesco Barbieri, in Les Vanités dans la peinture au XVII siècle, catalogo della mostra, Caen 1990, pp. 198-199
Denis Mahon, Il periodo giovanile: la prima maturità (1617-1618), in Il Guercino, catalogo della mostra a cura di Denis Mahon, Bologna 1991, pp. 69-72, 94-98 chiesta consultazione ariostea entro lunedì 21
Maria Celeste Cola, Et in Arcadia Ego, in Le immagini degli Dei, catalogo della mostra a cura di Claudia Cieri Via, Lecce 1996, pp. 102-104
Scheda 9, in Guercino e la pittura emiliana del ‘600 dalle collezioni della Galleria nazionale d’arte antica di Palazzo Barberini, catalogo della mostra a cura di Claudio Strinati e Rossella Vodret, Venezia 2000, pp. 46
Anna Lo Bianco (cur.), Guercino. Et in Arcadia ego, catalogo della mostra, Perugia 2012
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