Cima da Conegliano

 Compianto sul Cristo morto con i santi Francesco e Bernardino

 olio su tavola, 1502-1505

 

Il corpo senza vita del Messia, fulcro della composizione, e quello privo di sensi della madre, la Vergine Maria, sono adagiati su un basso aggetto roccioso, che conduce all’ingresso della tomba rupestre, davanti alla quale si svolge il dramma che precede la deposizione nel sepolcro. L’ambientazione della scena, ispirata al paesaggio collinare coneglianese (oggi le chiameremmo «colline del Prosecco»), dichiara l’attaccamento dell’autore alla sua terra. Su tale fondale il pittore delinea il Golgota, con le sue tre croci, e la Gerusalemme arroccata in lontananza. Nove gli attori della sacra rappresentazione, divisi con simmetrica regolarità. San Francesco e san Bernardino, il primo a sinistra del riguardante e il secondo a destra, stanno in piedi ai lati della scena. La loro presenza rimanda alla committenza di Alberto III Pio (1475 – 1531) per la cappella funebre della famiglia, nella chiesa francescana di San Niccolò degli Osservanti a Carpi. A conferma di ciò, nel 1580, Padre Malezappi segnalava l’opera come ricollocata sull’altare maggiore della chiesa, ricordando come la tavola fosse precedentemente stata trasportata a Roma con la collezione di Alberto III Pio. La raffinatezza compositiva del Compianto non passò inosservata a Francesco I d’Este che l’acquisì per la sua collezione. Osserviamo ora, nell’armonia del linguaggio classico ripreso da Giovanni Bellini e da Alvise Vivarini, in una pittura baciata dalla luce, il primo gruppo, tutto maschile. Accanto al Cristo morto, san Giovanni Evangelista, con una veste verde e un manto rosso, carezza e sostiene con le mani la testa del Redentore. Nicodemo, con un vistoso turbante bianco, ne sorregge il busto, mentre Giuseppe d’Arimatea, con una lunga barba bianca, è in piedi, appena dietro. Il gruppo femminile si apre con la Vergine, colta in un atto di mancamento, mentre stringe con la mano destra il braccio sinistro del figlio morto. È sostenuta dalla Maddalena, riccamente abbigliata, e da Maria, la madre di Giacomo. La particolare iconografia dell’opera richiama la dottrina della corredenzione, in base alla quale si riconosce alla Vergine la partecipazione alla missione redentrice di Cristo. Nelle prediche di san Bernardino, in particolare nel sermone «De Beata Virgine», il santo si sofferma sulla storia della Passione con particolare riguardo, appunto, al dolore e al ruolo della Madonna. Alla base di tale dottrina stanno i punti seguenti: a) Maria, in quanto madre del messia, è partecipe della sua vita e delle sue opere; b) Nel disegno divino Maria dovrebbe essere associata a Cristo che, con la sua croce ha redento il mondo, così come Eva fu associata ad Adamo nel peccato originale; c) Maria partecipa alla Passione e morte di Gesù con tutto il suo dolore di madre. Proprio per tali ragioni nell’opera si contaminano vicendevolmente tre tradizionali temi figurativi: quello del Cristo in pietà davanti al sarcofago, quello della Pietà con la Vergine che sostiene il Cristo morto e quello del Cristo deposto. Al di là dei riferimenti teologici, in alto, i quattro cherubini, che aleggiano senza turbamento alcuno, ci invitano soprattutto a scoprire l’arte di Cima e le risonanze segrete della scena sacra. Il Vangelo si è fatto immagine per manifestare, col sacrificio del Messia morto sulla Croce, il fondamento della fede cristiana.

Gianfranco Ferlisi