Arte figurativa e danza. Due linguaggi apparentemente distanti, essendo l’uno il contrario dell’altro: tanto l’arte figurativa è destinata ad una fissità che certo può risultare dinamica ma perlopiù immutata nel tempo, tanto la danza è il movimento per eccellenza, e rappresenta il dinamismo della vita.

Eppure, da sempre questi due linguaggi si parlano, attratti l’uno dall’altro in un rimando continuo di citazioni, allusioni, scambi simbolici.

Ma è soprattutto nel Novecento che il rapporto tra arte e coreografia si fa più stretto; non a caso è sempre più spesso uno spazio museale a fare da “sfondo” a performance coreografiche, con risultati sorprendenti, dove le caratteristiche dei singoli linguaggi si fondono, regalandosi l’un l’altro un valore aggiunto. Il museo non come semplice “contenitore” ma come “spazio formale”, in dialogo costante con il gesto coreografico.

 

E’ quello che è successo lo scorso novembre alle Gallerie Estensi, da tempo attente allo scambio e al dialogo tra l’arte figurativa e le arti performative. Due eventi dal sapore diverso, in due sedi distinte – a Modena il balletto “Nijinsky and Diaghilev” della Compagnia Daniele Cipriani, in collaborazione con il Teatro Comunale di Modena; a Ferrara il “site specific” per un numero limitato di spettatori “#Incarnato 496 years of stillness” del CollettivO CineticO, in collaborazione con il Teatro Comunale di Ferrara – che hanno avuto come comune denominatore la bellezza del segno e la potenza del gesto, in un gioco emozionante di fissità e dinamismo, gestualità corporea ed espressione artistica. Gli spazi e le collezioni del museo non si sono limitati a fare da “sfondo” alle performance ma le hanno alimentate, nutrite. La danza da movimento a ciò che è fissato per sempre, complice la musica, in entrambi i casi suonata (e cantata) dal vivo: Claude Debussy e Maurice Ravel a Modena; Franz Schubert a Ferrara.

 

Se la Galleria Estense di Modena si è fatta “spazio dialogico” per un balletto di stampo classico, mettendo in relazione i capolavori del tardo cinquecento veneziano con il gesto coreografico di due grandi innovatori della scena come Sergej Diaghilev e Vaslav Nijinsky, a Ferrara la coreografia è stata suggerita dallo spazio, in una sorta di reazione dinamica ed esplosiva alla fissità delle tele.

 

A Modena, il linguaggio coreografico di Diaghilev prende forza dall’espressività delle tele del Tintoretto e si abbandona ad un rito dove la bellezza del segno fa risaltare la potenza del gesto. A Ferrara, nella piccola sala del Polittico Costabili, una rappresentazione dal sapore avanguardistico, dove il corpo nudo dei danzatori fa da contrasto stridente ma emotivamente forte alle immagini fissate nell’eternità dalla mano sapiente del Dosso e del Garofalo: un po’ come se il monumentale Polittico, immobile da 496 anni, “in un coraggioso atto di resistenza performativa”, stesse improvvisamente prendendo vita, “incarnandosi” appunto in quei corpi vivi e pulsanti.

 

Sara Piagno